Ultime lettere di Jacopo Ortis by Niccolò Ugo Foscolo

Ultime lettere di Jacopo Ortis by Niccolò Ugo Foscolo

autore:Niccolò Ugo Foscolo
La lingua: ita
Format: mobi
editore: Garzanti Classici
pubblicato: 2011-03-03T21:00:00+00:00


14 Maggio, ore 11.

Sì, Lorenzo! – dianzi io meditai di tacertelo – or odilo, la mia bocca è tuttavia rugiadosa – d’un suo bacio – e le mie guance sono state innondate dalle lagrime di Teresa. Mi ama – lasciami, Lorenzo, lasciami in tutta l’estasi di questo giorno di paradiso.

14 Maggio, a sera.

O quante volte ho ripigliato la penna, e non ho potuto continuare: mi sento un po’ calmato e torno a scriverti. – Teresa giacea sotto il gelso – ma e che posso dirti che non sia tutto racchiuso in queste parole? Vi amo. A queste parole tutto ciò ch’io vedeva mi sembrava un riso dell’universo91: io mirava con occhi di riconoscenza il cielo, e mi parea ch’egli si spalancasse per accoglierci! deh! a che non venne la morte? e l’ho invocata. Sì; ho baciato Teresa; i fiori e le piante esalavano in quel momento un odore soave; le aure erano tutte armonia; i rivi risuonavano da lontano; e tutte le cose s’abbellivano allo splendore della Luna che era tutta piena della luce infinita della Divinità. Gli elementi e gli esseri esultavano nella gioja di due cuori ebbri di amore – ho baciata e ribaciata quella mano – e Teresa mi abbracciava tutta tremante, e trasfondea i suoi sospiri nella mia bocca, e il suo cuore palpitava su questo petto: mirandomi co’ suoi grandi occhi languenti, mi baciava, e le sue labbra umide, socchiuse mormoravano su le mie – ahi! che ad un tratto mi si è staccata dal seno quasi atterrita: chiamò sua sorella e s’alzò correndole incontro. Io me le sono prostrato, e tendeva le braccia come per afferrar le sue vesti – ma non ho ardito di rattenerla, né richiamarla. La sua virtù – e non tanto la sua virtù, quanto la sua passione, mi sgomentava: sentiva e sento rimorso di averla io primo eccitata nel suo cuore innocente. Ed è rimorso - rimorso di tradimento! Ahi mio cuore codardo! – Me le sono accostato tremando. – Non posso essere vostra mai! – e pronunciò queste parole dal cuore profondo e con una occhiata con cui parea rimproverarsi e compiangermi. Accompagnandola lungo la via, non mi guardò più; né io avea più cuore di dirle parola. Giunta alla ferriata del giardino mi prese di mano la Isabellina e lasciandomi: Addio, diss’ella; e rivolgendosi dopo pochi passi, – addio.

Io rimasi estatico: avrei baciate l’orme de’ suoi piedi: pendeva un suo braccio, e i suoi capelli rilucenti al raggio della Luna svolazzavano mollemente: ma poi, appena appena il lungo viale e la fosca ombra degli alberi mi concedevano di travedere le ondeggianti sue vesti che da lontano ancor biancheggiavano; e poiché l’ebbi perduta, tendeva l’orecchio sperando di udir la sua voce. – E partendo, mi volsi con le braccia aperte, quasi per consolarmi, all’astro di Venere: era anch’esso sparito.

15 Maggio.

Dopo quel bacio io son fatto divino. Le mìe idee sono più alte e ridenti, il mio aspetto più gajo, il mio cuore più compassionevole. Mi pare che tutto



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